AQUILE, SUPERTELE, A1 (Foto)

AQUILE, SUPERTELE, A1 (Foto)

Test e attrezzature

Leone

Che più minimale non si può. Zainetto da 900g, a1, 20-70/4.0, 2x e 300/2.8. Corredo esiguo ma al contempo estremamente potente
Tanto minimale quanto potente. Come abbiamo visto qui, fotografare le aquile è una cosa impegnativa. Per la difficoltà dei luoghi, la complessità dei soggetti, la necessità di attrezzature adeguate. Per quanto riguarda luoghi e soggetti, più o meno sono sempre gli stessi e più o meno pongono sempre le medesime sfide. Le attrezzature invece evolvono molto positivamente e possono fornire prestazioni nuove e sempre più avanzate. Dopo oltre 30 anni in cui ci siamo affidati completamente ai favori di Canon, prima molto prudentemente, poi con sempre maggior convinzione abbiamo cambiato, con risultati molto positivi. Inizialmente affiancando un piccolo sistema basato essenzialmente sul Sony 200-600 e un corpo aps-c molto prestante, la Sony a6600, con lo zoomettino kit. Poi, mano a mano che i risultati diventavano sempre più convincenti, sempre più Sony e sempre meno Canon. Con i soliti parametri, prestazioni sempre più evolute e di qualità, ma senza perdere di vista il contenimento di dimensioni, pesi, e costi.
Una bella esposizione-confronto. Da sx: Canon RF 100-500mm f/4.5-7.1 L IS USM su Eos R7. Ottima accoppiata, insuperata per dimensioni, trasportabilità e qualità; Sony FE 200-600mm f/5.6-6.3 G OSS su Sony a1 e, accanto, su Sony a7r5, due abbinamenti altrettanto felici, top delle prestazioni e top qualità finale. Infine Sony FE 300mm f/2.8 GM OSS su a1, il top per potenza e compattezza
200-600 e a6600 avevano già soddisfatto ampiamente questa ricerca, ma ovviamente era possibile andare molto oltre, con un supertele e un corpo macchina più evoluti. Grazie al solito amico Domenico, che già aveva fatto il salto, abbiamo potuto provare ampiamente sul campo le peculiarità del nuovissimo Sony 300/2.8 GM accoppiato alla macchina più avanzata al momento disponibile (maggio 2024), la Sony a1, fino a convincerci della bontà di questa soluzione. E così, dando via a malincuore una parte importante del corredo Canon (EF 800/5.6, rf 100-500, rf 18-150, r5, r7), praticamente alla pari, anzi, forse è rimasto pure qualcosa, siamo riusciti ad ottenere il seguente corredo Sony nuovo fiammante, supertele 300/2.8 GM, moltiplicatore dedicato e 2x (l'1.4x era già in corredo), zoom 20-70, corpo a1. Con questo corredino, tanto minimale quanto potente, abbiamo affrontato, con esiti positivi e grande soddisfazione, una intera stagione alle aquile, con i risultati che via via vedremo.
Aquila reale, femmina adulta. Sony FE 300 mm F2.8 GM OSS + tc 2x, Sony a1. Mano libera. 1/3200s f5.6 ISO 400
Le Aquile. Si tratta di una specie di montagna, aquila reale (aquila crysaetos), il più grande uccello da preda presente nel nostro paese, con oltre 2m di apertura alare. Un grande rapace capace di predare sulle Alpi anche grossi animali come stambecchi o camosci. In Sicilia rivolge le sue attenzioni al massimo a capretti e agnelli di grandi dimensioni (ma non agli adulti), giovani maialini selvatici, cinghialotti. Poi, più normalmente volpi, serpenti e uccelli di medie dimensioni, come coturnici o colombacci. Le aquile reali vivono in luoghi tanto impervi quanto affascinanti e, più o meno, incontaminati. Nel senso che se anche ormai non esistono quasi più luoghi inaccessibili, in ogni caso affinchè siano presenti animali di questa portata, l’ambiente non può essere troppo degradato. Per la prosperità di una specie così esigente e spettacolare devono sussistere infatti alcuni elementi irrinunciabili.

Innanzitutto ampi spazi con bassa o nulla presenza umana. Poi sufficiente presenza di prede, dunque una catena alimentare in buona salute. Infine, luoghi idonei alla nidificazione, e cioè grandi pareti rocciose, irraggiungibili da chicchessia, innanzitutto da eventuali predatori. Ad esempio specie opportuniste, come volpi, martore, serpenti, corvidi. Che ovviamente sono a loro volta prede ottimali per l’aquila reale, ma che all’occasione possono razziare uova o pulcini molto piccoli. Per questo, per evitare almeno i predatori terricoli, non c’è niente di meglio che una parete rocciosa a picco alta decine di metri. Nulla da fare invece contro i corvi, soprattutto l’imperiale, capace di raggiungere un nido elevato senza problemi, e contro cui la migliore difesa è una guardia assidua, finchè la prole non raggiunge un certo sviluppo. Nel nostro caso, l’ambiente in questione si trova sui 1000m di altitudine, ma si può andare anche oltre. La presenza umana è sempre più rarefatta. Con lo spopolamento delle campagne, si tratta più che altro di un certo tipo di escursionismo blando, concentrato principalmente in estate, e che lambisce appena il luogo di nidificazione, la cui frequentazione è oltretutto inibita durante la fase riproduttiva, trovandosi all'interno di un parco.

Aquila reale "mobbata" da gracchio corallino (foto Antonio)
Supertele. Nel tempo ne abbiamo provati diversi, a seconda della tecnologia disponibile.
Una schiera di supertele moderni e di ultimissima generazione utilizzati in questo periodo. Da sx: Sony FE 400-800 mm F6.3-8 G OSS, Canon EF 500mm f/4 L IS II USM, Sony FE 300 mm F2.8 GM OSS, FE 200-600 mm F5,6-6,3 G OSS
Novoflex 400/5.6 e 600/8. Negli anni 70 questo sistema spopolava. Era abbastanza leggero e dotato di una messa a fuoco a pistola abbastanza rapida, molto più veloce dei teleobiettivi coevi, grossi, pesanti, molto lenti. Qualità ottica non eccelsa e luminosità ridotta ne limitavano un po’ i risultati, ma era già tanto poterne disporre, ogni tanto qualche foto buona veniva.

Nikkor 600/5.6 IF-ED. Il campione degli anni 80. Obiettivo meraviglioso che surclassava il precedente. Compatto, leggero, otticamente eccelso, al tempo. Costosissimo.

Sigma af Apo 1000mm f8. Eccezionale per focale, luminosità e resa ottica. Non pesantissimo, ma comunque da usare su cavalletto. Purtroppo con af ancora molto acerbo, in pratica come non averlo. Ma in manuale, su soggetti fermi, anche moltiplicato, capace di risultati tanto notevoli quanto inaspettati. Non economico.

Nikkor af 300/2.8 IF-ED. Primo tentativo di supertele af da parte di Nikon. Purtroppo poco riuscito. Af a cacciavite ancora molto immaturo, utilizzabile solo su soggetti fermi e passabile solo con Nikon F4. Non disponibili moltiplicatori adeguati, dunque possibile l’uso solo liscio. Qualità ottica passabile, ma non degna di menzione. Molto costoso. In poche parole, da dimenticare.

AF-I Nikkor 500mm F/4D ED-IF. Primo tentativo serio di supertele af con motore incorporato. Il motore però non era a ultrasuoni, giacchè ancora sotto brevetto Canon. Dunque era un motore elettromagnetico tradizionale, seppur avanzato, coreless e quant’altro. Altro progetto ancora molto immaturo. Meglio dell’af 300/2.8 IF-ED, ma anch’esso da dimenticare. Molto pesante e costosissimo. Trovato usato in una fortunata combinazione, ma non soddisfacente e abbandonato subito dopo.

Canon EF 300/2.8L USM. Obiettivo meraviglioso e assolutamente innovativo. Qualità elevatissima. Il miglior 300/2.8 del tempo, secondo opinione comune. Molto costoso. Primo vero esempio di obiettivo moderno, autofocus e con possibilità d’uso dei moltiplicatori di focale mantenendo intatte tutte le funzioni automatiche proprie dell’obiettivo liscio.

Canon EF 400/5.6L USM. Obiettivo minimale, piccolo, leggero, molto prestante, molto economico. Un vero best seller di Canon. Un po’ corto, ovviamente, ma quasi tascabile. Risultati, con soggetti alla giusta distanza, ottimali.

Canon EF 500/4.5L USM. Obiettivo meraviglioso che surclassava il precedente 600mm Nikkor. Un po’ più pesante, ma più luminoso, otticamente migliore, ma soprattutto, finalmente, primo vero supertele portatile autofocus. Produttività elevatissima. Fino al 600 Nikon, manuale, con soggetti in movimento, su un rullo da 36 i fotogrammi buoni erano 2-3. Col 500 Canon, a volte anche 20. Costoso, ma meno del Nikkor. Purtroppo, data la luminosità massima f4.5, con le macchine del tempo, coi moltiplicatori perdeva l’af.

Canon EF 600/4L USM. Obiettivo stellare, ma molto pesante, ingombrante, costosissimo. Inizialmente funzionante in af solo con 1.4x. Dalla Eos 3 in poi, anche con 2x.

Canon 300/2.8L IS USM. Ancora migliore del precedente modello. Superiore otticamente e stabilizzato. Un capolavoro di Canon. Costoso. Ottimo moltiplicato, ma solo con 1.4x. Con 2x perdeva molto.

Canon EF 400/4 DO IS USM. Obiettivo compatto e leggero, buona qualità e funzionamento. Costoso. Problematico in condizioni di luce e aria non ottimali. Non mi ha mai entusiasmato.

Supertele Caon Eos utilizzati nel 2008. Da sx: EF 400mm f/4.0 DO IS USM, EF 300mm f/4 USM L, EF 500mm f/4 L IS USM, EF 600mm f/4 L IS USM, EF 400mm f/5.6 L USM, EF 800mm f/5.6 L IS USM
Canon EF 500/4L IS USM. Obiettivo fantastico, più pesante dell’f4.5, un po’ più ingombrante, ma a buon mercato, rispetto alla concorrenza. Nel frattempo, l’evoluzione delle macchine consentiva di usarlo senza problemi coi moltiplicatori, mantenendo intatte tutte le funzioni. Un gran successo mondiale.

Canon EF 600/4L IS USM. Molto pesante, ingombrante, costo equo. Ma risultati eccellenti. Molto buono con 1.4x, al solito accettabile con 2x solo a distanza breve.

Canon EF 800/5.6L IS USM. Obiettivo fantastico, molto alleggerito e meno ingombrante del 600/4, costosissimo. Risultati eccezionali in ogni condizione. Per diversi anni lo abbiamo usato ininterrottamente in questo tipo di foto come obiettivo primario, con grande soddisfazione.

Canon EF 500/4L ISII USM. L’obiettivo più avanzato e prestante mai costruito da Canon, per sua stessa ammissione. Un tale gioiello che ancora non riesco a disfarmene. Resa ottica assoluta, forse raggiunta nelle ultimissime serie. Non da Canon, comunque. Probabilmente da 300/2.8 e 600/4 Sony. Probabilmente rimarrà insuperato ancora per un bel po'. Qualità di immagine e funzionamento coi moltiplicatori stellare, anche adattato con le nuove fotocamere rf di Canon. Costosissimo. Funzionamento perfetto anche su corpi Sony stacked.

Ed eccoci qua. Tutte queste ottiche, alcune in doppia copia nel tempo, e qualche altra non menzionata (Canon EF 28-300 e 35-350, due 300/4 Nikon e Canon, i due 100-400 Canon, 500 Zenza Bronica, 300-400-600 Pentax per medio formato) mi hanno accompagnato in generale nella fotografia, e alle aquile in particolare, dalla fine degli anni 70 ad oggi. Tutte, chi più chi meno, hanno dato un contributo importante alla mia fotografia. Ora è la volta del

Sony 300/2.8 GM. Paradossalmente, non c’è molto da dire, e in ogni caso ne abbiamo parlato già molto. Le specifiche parlano molto chiaro. Compatto e leggero come nessun altro mai. 1.470g, praticamente 1kg (un chilo!) meno del più leggero 300/2.8 af mai fatto. Già questo risultato sarebbe sufficiente. Ma non basta. Le performances ottiche di questo obiettivo sono straordinarie. Da liscio ha una qualità e una correzione da far impallidire le migliori ottiche apocromatiche da paesaggio. Col moltiplicatore 1.4x la qualità rimane assolutamente immutata. Col 2x è la prima volta in cui, da un 300mm duplicato, si può disporre di un 600mm f5.6 di questo livello, pari a quello di un fisso di altissima qualità. Con poco più di due chili e meno di 35cm si ha un sistema teleobiettivo + corpo macchina da ben 12 ingrandimenti. Se fotografiamo un soggetto a 120m, è come fotografarlo col normale da 50mm a una distanza di 10m. Sottolineo, con qualità da fisso di alto livello.

Solitamente, comprare un supertele con l'idea di doverlo poi quasi sempre moltiplicare, non è una buona pratica. Ma in questo caso, per la prima volta, diventa un’ottima pratica. Coi moltiplicatori si dispone effettivamente di 3 supertele: 300/2.8, 420/4.0, 600/5.6. Ciascuno perfetto e senza alcuna limitazione qualitativa o di uso. Da quando lo abbiamo, quasi un anno ormai, viaggia sempre col duplicatore montato, con esiti estremamente soddisfacenti. Ma le volte che lo abbiamo usato liscio o con 1.4x ha dato risultati ancora più rimarchevoli. E ancora, volendo allungare ulteriormente, con fotocamere big mp come a1/a1II o a7r5, e la funzione crop, si possono raggiungere i 900mm equivalenti con un file da 21mp o 28mp, rispettivamente, di qualità molto elevata.

Sony ILCE-1. Oppure "α the one". Insomma, la Sony a1

Un tempo il pezzo forte, più costoso e impegnativo del corredo dell’avifaunista era il supertele. Non è più così. L’apporto che le prestazioni del corpo macchina possono dare al risultato finale è ormai più importante di quello dato dall’ottica. A questo punto molti usano infatti con soddisfazione un corpo da 6500€ come la a1 con un supertele da 1500€ come il 200-600, e le foto sono di tutto rispetto. Senza entrare troppo nel merito della tecnologia, le caratteristiche, ma soprattutto le prestazioni dei corpi Sony con sensore stacked sono ormai riconosciute come proverbiali. Per esperienza, anche un corpo stacked di prima generazione come a9 (ancora meglio a9II), è in grado di dare risultati, non solo qualitativi, ma proprio di funzionamento dinamico, in questo genere fotografico (ripresa di uccelli rapaci di varie dimensioni in volo a distanza), di assoluto pregio. Se non necessitano grandi risoluzioni, un corpo a9 o a9II, con una spesa minima rispetto alle prestazioni erogate, sono perfettamente in grado di fronteggiare qualunque situazione fotografica dinamica. Se invece una risoluzione doppia o più è necessaria, ecco entrare in campo la possente Sony a1.

Sony a1. Non a tutti vanno bene 24 mp, anche se ci si può fare di tutto, ovviamente. Per questo è nata la a1. Si tratta del primo corpo stacked ad alta risoluzione che è stato disponibile. Una fotocamera attesa da molti anni, almeno dall’uscita della Canon 5DSr, la prima big mp che possedemmo. La a1 è una specie di a9, però con 51mp. E ovviamente rimodernata con l’implementazione di nuove prestazioni e funzioni. Una macchina straordinaria per chi fotografa animali in movimento veloce. La prestazione più importante di questa macchina è l’autofocus. Che per la prima volta è capace di monitorare la posizione del soggetto in tempo reale (cioè mentre l’azione si svolge) ben 120 volte al secondo. Questo dà luogo alla capacità del sistema, soprattutto con ottiche adeguate, tutte quelle originali, di seguire un soggetto mano a mano che si muove mettendolo continuamente a fuoco. Perfino alla straordinaria frequenza di 30 fotogrammi al secondo. Anche altri corpi macchina sono capaci di raffiche così elevate. Ma senza un controllo così accurato della messa a fuoco, ripeto, a 120 Hertz. Che si traduce in una percentuale di scatti utilizzabili elevatissima.

Poi ovviamente la macchina è dotata di mille altre caratteristiche, molto spesso uniche. Non sto neanche a menzionare il mirino, di qualità stellare. O il bellissimo e croccantissimo file. O le capacità video. O la perfezione dell’esposimetro, etc..

Nikon Z9, Sony a1II, Canon R1. Form factor a confronto. Iperboliche le dimensioni delle ammiraglie concorrenti, a fronte di prestazioni, oltre che sul campo, anche sulla carta inferiori. Abbiamo utilizzato con soddisfazione per decenni i modelli Canon e Nikon superpro, traendone risultati ottimali, per i tempi. Ora utilizziamo modelli pro e superpro Sony da anni, e non si riesce a percepire altro, in forme di dimensioni così ridotte, se non vantaggi nell'uso e prestazioni nettamente migliorate.
Critica del form factor. Il fattore di forma delle macchine Sony è stato molto criticato . Almeno l’ammiraglia, è stato detto, potevano farla più grande, come le Canon o le Nikon. Posso essere d’accordo, ma solo parzialmente. Nel senso che un minimo di altezza in più, che non costringa a mettere una soletta per aumentare lo spessore di un cm, dunque appunto 1 cm, a mio avviso sarebbe stato comodo. E questo volume in più, poteva essere sfruttato ad esempio per una batteria ancora più grande, dunque di maggiore capacità, che fa sempre comodo. Ma senza raggiungere neanche alla lontana le dimensioni e il peso di una serie 1 Canon o Nikon. Che incutono timore per quanto sono grandi e pesanti e arrivano a pesare il doppio della Sony più pesante, dando l'impressione di una solidità fuori dal comune. Ma non bisogna cadere in questo errore marchiano. La solidità della struttura, non va confusa col peso e le dimensioni della macchina. Questi due parametri, in realtà, non forniscono alcuna informazione sulla robustezza. Che va valutata caso per caso in base al progetto, ai materiali e alle caratteristiche costruttive, ma poi soprattutto sul campo e con l’uso. Il che non vuol dire che le serie 1 Canon e Nikon non siano solide. Lo sono, eccome. Ma nella personale e lunghissima storia delle attrezzature fotografiche, mi sono capitate macchine grandi e pesanti che soffrivano la “fatica”, entravano facilmente in affanno, e che poi, in sintesi, risultavano alla lunga meno affidabili.
Olympus OM2 e Leica R3. Se il form factor potesse implicare robustezza e affidabilità, allora le dimensioni molto maggiori della Leica dovrebbero fare della R3 una fotocamera molto più robusta e affidabile della esile Olympus. In realtà, tuttora, a 50 anni di distanza, la OM2, pur trattata anche rudemente, pur con diverse funzionalità in più (motore veloce, ttl flash, schermi intercambiabili) funziona ancora perfettamente. La R3 invece, nonostante il blasone (e il costo più che triplo) ahimè, trattata coi guanti, (anche a causa del costo), ci ha inspiegabilmente lasciato da molto, molto tempo
Oppure macchinette compattissime e tostissime che dopo 40-50 anni ancora funzionano alla perfezione. Un solo esempio della mia collezione. Le minuscole Olympus OM analogiche ancora perfettamente attive. Rispetto a certi matacubi coevi, ad esempio le super blasonate reflex tipo Leica R3, grandi, pesanti, e malsicure, inspiegabilmente morte da anni, causa elettronica scadente e inaffidabile.
Nulla impedisce ovviamente, per chi preferisce un fattore di forma di maggiori dimensioni, di utilizzare un battery grip aggiuntivo, con capacità doppia, che riporta le dimensioni a quelle delle ammiraglie tradizionali. Ma con la possibilità di usufruire anche di un corpo all'occorrenza compattissimo e leggerissimo, con prestazioni immutate, a parte la batteria singola, che ha comunque un'ottima capacità
Le dimensioni delle Sony sono una cosa molto studiata e che ha fatto storia a sé, non a caso è stata copiata da quasi tutti i concorrenti. Una volta che il corpo macchina ha il grip necessario, è inutile infatti aumentarne le dimensioni. Se la macchina si impugna bene, dimensioni e peso ulteriori non fanno altro che sottrarre spazio interno allo zaino e caricare inutilmente braccia e schiena. Corpi così compatti sono invece ottimi da utilizzare in sessioni prolungate, escursioni, viaggi. Se poi è necessario, si possono ingrandire con i vari battery grip a disposizione. Personalmente, pur utilizzando anche grossi tele come Canon EF 500is2 (adattato, su Sony a1 va benissimo), Sony 400-800/6.3-8, 300/2.8 GM, non sento alcun bisogno di bg, li ho sempre avuti e praticamente mai utilizzati, per cui non ci investo più, con quello che costano, oltretutto. Mi accontento di aggiungere una solettina metallica da 1cm. In quanto alla robustezza, sono corpi robustissimi e resistentissimi a tutti i tipi di stress (sensati), termici, dinamici, da uso continuato.

La caduta o il passaggio sotto una ruota di camion non sono test previsti per una macchina fotografica.

a1+300/2.8 sul campo. Due parole sull’accoppiata a1 + 300/2.8 ed eventuali tc.

Sony FE 300mm f/2.8 GM OSS con cover e piedino Arca Swiss, su a1 con soletta da 1 cm. L'eventuale aggiunta di 1.4x o 2x, di dimensioni minuscole, praticamente non modificano minimamente l'assetto
Sembrano nati l'una per gli altri. E lo sono. Si tratta di un connubio perfetto, che non necessita d’altro. Inutili tutti gli ausili consueti. Cavalletto, monopiede, spallaccio, risultano assolutamente superflui. Il tutto pesa sotto i 2.5kg, meno del solo 300/2.8 di altra marca. Il brandeggio è fantastico. Lo percepisco bene perché riesco a fotografare in basso da seduto in ogni direzione senza problemi. Anche uccelli mobilissimi tipo quelle autentiche frecce che sono i rondoni alpini.

O rapidissimi lodolai che fanno mirabili evoluzioni. Semplicemente impugnando con le mani. Anche a lungo. I rondoni a volte girano in tondo in lungo e in largo per minuti. Uno scherzo. Già col 200-600 non era semplice per molto tempo. Ci riuscivo bene solo con 100-500 ed r7. Altra bella accoppiata molto leggera ed estremamente maneggevole, ma di un altro livello, anche di costi, inferiori, e con prestazioni paragonabili ai costi, cioè inferiori, molto. Ma 300/2.8 GM su a1 garantisce percentuali elevatissime di foto assolutamente perfette. Liscio, con 1.4x, con 2x. Per non parlare dei video, come sarà possibile vedere nella prossima puntata.


R I S U L T A T I

I risultati non si sono fatti attendere. Nell'ultima stagione alle aquile abbiamo conseguito i migliori esiti mai ottenuti in questo genere fotografico. Il che ha un senso. Maggiore esperienza, migliori attrezzature, più tempo a disposizione. Ma alcune scene proprio non le avremmo mai potute immortalare senza queste attrezzature. Per la perfezione della messa a fuoco, la qualità ottica, per la raffica estrema e per l'elevatissima percentuale di scatti buoni. Non disgiunto dalla leggerezza dell'attrezzatura che ha permesso di raggiungere determinati luoghi impervi in scioltezza. Oppure di brandeggiare senza limiti soggetti molto difficili impegnati in piroette e acrobazie indimenticabili.

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Fin dagli anni 70, ho vissuto la fotografia in silenzio e solitudine, come ricerca personale. Ora ho modo di condividerla con mio figlio e tanti amici, il modo migliore per praticarla