Una piccola introduzione
 Sony A7C - f/4.0 - 1/2000s - 100 ISO - FE 20-70mm F4 G
Sony A7C - f/4.0 - 1/2000s - 100 ISO - FE 20-70mm F4 G
Parco Nazionale dello Stelvio
Molto grande, molto bello, gestito da Provincia di Bolzano, Provincia di Trento e Regione Lombardia. Ultimamente in pericolo per una certa politica che parla di smembramenti e assegnazioni, con seguito di cambiamenti delle attuali regole di protezione. Nella provincia di Bolzano si vocifera addirittura di riapertura della caccia, creazione di impianti sciistici (già ce ne sono), speculazioni edilizie… Insomma, spezzettarlo per sminuirne l’importanza per poi alleggerire le regole che difendono l’ambiente, con gravi rischi per la conservazione dell'habitat naturale.
Speriamo proprio non abbia luogo questa malaugurata inversione di rotta, sarebbe una sciagura.
Le montagne sono altamente spettacolari, con molte cime vicine ai 4000m e molte altre sopra i 3000.
 Sony A7C - f/3.2 - 1/3200s - 160 ISO - LK SAMYANG AF 85mm F1.8 P FE
Sony A7C - f/3.2 - 1/3200s - 160 ISO - LK SAMYANG AF 85mm F1.8 P FE
 Sony A1 - f/8.0 - 1/4000s - 1000 ISO - FE 20-70mm F4 G
Sony A1 - f/8.0 - 1/4000s - 1000 ISO - FE 20-70mm F4 G
Flora molto presente e diffusa con grandi e meravigliose foreste di abeti rossi e bianchi, larici, pino cembro.
 Sony A7RM5 - f/8.0 - 1/1000s - 200 ISO - FE 20-70mm F4 G
Sony A7RM5 - f/8.0 - 1/1000s - 200 ISO - FE 20-70mm F4 G
Infine la fauna, molta e pregiata. Mammiferi: lupo, cervo, camoscio, capriolo, stambecco, marmotta, volpe, ermellino, scoiattolo, lepre variabile, tasso, donnola. Uccelli: pernice bianca, coturnice, gracchio alpino, corvo imperiale, cornacchia, vari picchi, gallo cedrone, gallo forcello, francolino di monte, rapaci notturni come gufo reale, gufo comune, civette, allocco, assiolo, e diurni, gheppio, sparviero, astore, poiana, aquila reale, falco pellegrino, falco pecchiaiolo, e, ovviamente, gipeto.
Il gipeto, appunto, o avvoltoio barbuto (Gypaetus barbatus)
Un grande rapace con ap. alare di 2.3-2.8m e fino a 6kg di peso. In Italia ha seguito un po’ il destino del lupo, estinto per mano dell’uomo con uccisioni dirette e bocconi avvelenati agli inizi del 900. Questo, per la filosofia che al tempo stava dietro al rapporto con la natura: carente di informazioni scientifiche e denso invece di superstizioni, come attribuirgli la capacità di predare bestiame o addirittura bambini. Cose destituite di ogni fondamento. Cioè la natura vista talvolta come qualcosa di demoniaco, da dominare con qualsiasi mezzo, anche violento. Con maggiori conoscenze e meno credenze popolari, pregiudizi e false leggende, la ragione alla fine ha prevalso. A partire dagli anni 80, un programma internazionale ha reso possibile la reintroduzione di questo animale sull’arco alpino. Grazie alla possibilità di riprodurre in cattività soggetti selvatici di cattura, la prole poi, con vari accorgimenti, è stata rilasciata in natura. Il progetto, che tuttora prosegue, ha avuto successo e ora si contano sulle Alpi oltre 200 individui, alcuni dei quali regolarmente nidificanti e facilmente osservabili (nei posti giusti) da chiunque.
https://lombardia.stelviopark.it/wp-content/uploads/2019/05/PP_VAS_Studio_di_incidenza.pdf
Andare allo Stelvio
In realtà non è così complicato. Dipende da dove si arriva. Se come Francesco devi fare 1500km, allora è pesante. Da Milano, ad esempio, invece no. Non è uno scherzo, ma neanche così impegnativo. Sono 3-3,5 ore di macchina. Volendo si può pure fare in giornata, come abbiamo fatto noi due volte in una settimana.
Un buon posto per osservare il gipeto è proprio il passo dello Stelvio. Una volta arrivati, questi ragazzi, i gipeti, possono spuntare ovunque. Non hanno alcun problema a sorvolare la folla di turisti a 30m di altezza, o anche meno (che, per uccelli di questo tipo, è pochissimo). Sono molto abituati alla presenza umana. La cosa importante è una sola: il meteo. Se c’è una bella giornata, magari anche senza vento, è ottimo. Al di là della bellezza del paesaggio (e delle foto fattibili), se è coperto e/o c’è vento, tutto cambia. Siamo a 2800m s.l.m., mica poco. Anche in piena estate le condizioni ambientali possono essere proibitive. Dunque un occhio molto attento alle previsioni. E poi, se possibile, meglio evitare periodi di altissima stagione e/o weekend. Le presenze possono anche essere moltissime, al punto da essere problematico anche solo parcheggiare.
Come al Nivolet, abbiamo fatto nostre tutte queste scelte. Nel senso che se non ci fossero state ognuna di queste condizioni non saremmo nemmeno partiti. Ci siamo andati due volte, quest’anno, in ottobre inoltrato, poco prima della chiusura del passo. Meteo perfetto entrambe le volte, di mercoledì la prima volta, venerdì la seconda.
Dunque premesse tutte buone. Sveglia 4.45 (5 la seconda volta), partenza 5.20 (5.40), arrivo 8.45 (9.15), con qualche fermata. Giornate meravigliose. A Bormio (1225m s.l.m., poco prima di arrivare) l’aria è splendida. Fredda (5-10 °C), pura, limpida, trasparente. Quello che ci vuole per fotografare. Già nella salita, gli scorci paesaggistici interessanti sono tantissimi. Ma scegliamo di non fermarci, per arrivare prima possibile e dare priorità al gipeto.
Il primo giorno ci accoglie Francesco, arrivato il giorno prima. Ha già assaggiato il menù completo: gipeto in varie salse con contorno di pernici bianche. In un attimo siamo pronti. Non siamo soli. Ci sono sempre molte persone. Almeno una 15ina di fotografi erano presenti entrambe le volte. Quasi tutti di lingua tedesca il primo giorno, tedeschi, svizzeri e austriaci. E poi alcuni toscani. La seconda volta, venerdì, dominiamo noi: un grosso gruppo di romani, almeno 7, poi lombardi e trentini, e al solito un gruppo di lingua tedesca. Per dire quanta strada si è disposti a fare per vedere questo meraviglioso animale. Ognuno se ne sta al suo posto in silenzio, concentrato sull’arrivo del gipeto. Ma non si vede un granché di fauna. Qualche uccelletto, i soliti gracchi.
Va bene lo stesso. Così abbiamo modo di apprezzare meglio la fantastica location. Che non potrebbe essere di maggiore impatto. Una immensa vallata circondata da poderose montagne over 3000m, parzialmente innevate. Uno scenario veramente mozzafiato.
Ed è mentre osserviamo questa meraviglia, il primo giorno, che viene dato il primo allarme. Gipeti all’orizzonte! Sono molto lontani. Due soggetti, un giovane e un adulto, fanno delle bellissime evoluzioni nel cielo azzurro. Scattiamo lo stesso. Continuano a girare. La tecnica, ammesso ve ne sia una, è semplicissima. Ci si siede insieme agli altri e si aspetta. Appena spunta qualcosa, subito qualcuno l’avvista e comincia ad agitarsi, a inquadrare, a scattare. Oppure bofonchia qualcosa in tedesco, ma il senso si capisce subito. Non c’è il pericolo di non accorgersene. Prima o poi uno o più soggetti appaiono. Dunque coi gipeti nessun problema. Piuttosto, gipeti a parte, attenzione alla scarpata dove ci si trova. Senza alcun preavviso possono comparire di pedina le pernici bianche, o qualche ermellino cui fare qualche scatto interessante. Francesco ieri ha beccato le bianche, appunto, e ha fatto ottimi scatti. Dunque occhio vigile. Seguiranno un paio di passaggi, di cui uno molto bello, di un giovane.
La settimana successiva le cose vanno un po’ diversamente. Con l’amico Tiziano, con cui, anche al di là della fotografia abbiamo passato una giornata molto gradevole, arriviamo fra i primi. Ma c’è comunque parecchia gente. I tedeschi si sono spostati di una 50ina di metri, forse perché hanno messo delle ossa, si dice, ma nessun gipeto si è poi posato. Dunque il piazzale stavolta è tutto di lingua italiana. Subito un passaggio molto bello di un giovane. E poi mano a mano un adulto. Poi un bel momento, senza vederli arrivare, cominciamo a vedere un giovane, poi un adulto, poi di nuovo il giovane. Ma è un altro, dunque sono tre che ci volteggiano intorno contemporaneamente. Una situazione meravigliosa. Questo è stato il passaggio più bello in assoluto. Soprattutto l’adulto è rimasto più a lungo. Ha volato anche un bel po’ (relativamente) contro la montagna, regalando bellissime inquadrature con uno sfondo molto affascinante. Qui abbiamo fatto gli scatti più belli. Poi di nuovo un adulto, ancora sfondo montagne.
ATTREZZATURE (primo giorno per due)
Tre corpi macchina Sony: A7RV, A1 e una A7C di scorta, molto utilizzata per il panorama.
Il primo giorno c’era anche Antonio, dunque due supertele Sony FE: 300mm f/2.8 GM OSS e 400-800mm f/6.3-8 G OSS, con FE 1.4x e 2.0x, utilizzati entrambi a mano libera. Lo zoom col solito spallaccio.
E due ottiche dedicate al paesaggio: Sony FE 20-70mm F4 G e Canon EF 70-200mm f/4 L IS USM (un vecchissimo, ma molto valido, residuo del mio precedente sistema), con adattatore Sigma MC-11.
L’unica attrezzatura non utilizzata è risultata il moltiplicatore 1.4x. Col senno di poi, vista l’ottima qualità dell’aria, potevo pure tentare qualche scatto in lontananza con quest’ultimo sul 400-800. Ma già l’800mm risulta spesso ridondante. La prossima volta. La scelta non poteva essere migliore. Compattezza, leggerezza, qualità estrema.
Il secondo giorno il 400-800 e la a1 sono bastati per tutto. Tiziano invece aveva 500is2, ottica strepitosa di cui ho parlato qui. E Canon r6, ineccepibile corpo da 20mp.
Dopo tanti anni coi bianconi Canon, tra cui due 600/4 e l’800/5.6, quasi mi fanno tenerezza quelli col 600one. Abituato ormai ai 2,5kg del 400-800, ma soprattutto al chilo e mezzo del 300/2.8, i superteloni f4 mi sembrano ottiche di un’altra era geologica. Ce n’erano diversi, 400/2.8 e 600/4, sui loro bravi cavalletti e/o monopiedi, Canon e Nikon. Ma c’era proprio di tutto. Ho visto anche 100-400, 100-500, 200-600, 300/2.8 (diversi Sony), 150-600. Un bellissimo 600/6.3 Nikon piccolo e leggero, ma vanificato (nello spirito della compattezza e leggerezza estreme), da una pesante z8, per giunta con un enorme battey grip. Infine un paio di m43, con chissà quali zoom compattissimi. Credo che tutti abbiamo fatto ottimi scatti, in quanto ci sono stati alcuni fantastici passaggi molto ravvicinati. E dunque tutti hanno potuto fare anche il fotogramma pieno.
Sony A1. Ne abbiamo già parlato molto. La riteniamo in questo momento (insieme alla II, ancora meglio ovviamente) il top assoluto per la fotografia ai grandi rapaci. Ma non solo. In realtà è una macchina con cui fotografare qualunque cosa in ogni condizione. Veramente non riusciamo a trovare limiti a questa fotocamera. Massima risoluzione, massima velocità, massima precisione af, mirino top. Nessuna limitazione. Può essere utilizzata coi massimi risultati e senza alcun confronto su campi da gioco, circuiti di sport motoristici, sci. Cerimonie, eventi. Nel ritratto. Praticamente ovunque. E poi nella ripresa di animali statici o in movimento, coi massimi risultati. Lo stesso nel paesaggio, i file sono incisi e contrastati come non mai, i colori realistici e molto belli già per come escono. Insomma, molto costosa, ma è la all around per eccellenza. Esiste un genere in cui questa fotocamera non primeggi? No. I gipeti che ci sorvolano tranquilli con il cielo come sfondo, un po’ come tutti gli avvoltoi, non sono soggetti impegnativi, come aquile e falchi. Ma se anche si mettessero a fare le loro mirabili evoluzioni, non ci sarebbe alcun problema. Diverso quando costeggiano i fianchi delle montagne. Allora solo una vera Sony d’azione [a9 (I,II, III), a1] riesce a individuare il soggetto e a seguirlo senza perderlo. È incredibile come ci riescano. Anche lontano e con soggetti di dimensioni ridotte, davvero incredibile. In questa cosa, le altre macchine che abbiamo avuto/provato, la maggior parte delle volte falliscono.
Sony A7RV. Gran macchina anche lei, anche di questa abbiamo già parlato. Se non si vogliono spendere i soldi di una costosissima a1, pur mantenendo prestazioni notevoli, questa è la macchina. Ha un af addirittura più avanzato della a1 (prima versione), anche se manca della velocità brutale dell’ammiraglia, e dunque va benissimo anche lei. A patto di usare l’otturatore meccanico, e “soli” 10 fs. Per il resto tutto top, file in testa, e un mirino molto bello. Anch’essa una all around, ci si può fare qualunque genere, anche velocistico. Con ottimi risultati. Certo, senza pretendere la prontezza di una stacked o della a9III.
Sony A7C. Botte piccola e vino buonissimo. Un corpo talmente piccolo da portare i meno accorti a sottovalutarne le potenzialità. Eppure, per l’equilibrio fra compattezza e prestazioni risulta perfetta sia come primo corpo in viaggi non faunistici e sia come secondo corpo in situazioni come questa, saldata ad un 70-200 per mantenere intatta la prontezza del supertele in caso degli attesi passaggi. Unici nei: l’infimo mirino senza oculare (nemmeno acquistabile a parte - scandaloso da parte di Sony) e la risoluzione. Certo, non fossimo in due a scattare, il corredo sarebbe ben meglio razionalizzabile con A1 e A7CR, ma in attesa di una drastica discesa di prezzo, per ora troviamo questa configurazione davvero vincente. Per questo, non abbiamo perso alcuno scatto.
Sony FE 300mm f/2.8 GM OSS. Più lo usiamo, più lo vediamo usare dagli amici e ne vediamo i risultati, più si conferma la grandezza di questo progetto di Sony. Sempre più un capolavoro assoluto. Tralasciamo pure le dimensioni, non dissimili da quelle dei (vecchi) concorrenti. La geometria quella è, la lente frontale quella deve essere. Ma il progetto, la chimica, i materiali, evidentemente sono altra cosa e il risultato sono le immagini fantastiche e la facilità con cui si ottengono. Punto. Poi col 2x… mi sarebbe piaciuto confrontare i risultati con quelli del 600 rf del signore tedesco che c’era accanto il primo giorno. Prima o poi capiterà.
Sony FE 400-800mm f/6.3-8 G OSS. Ormai lo usiamo da alcuni mesi. Non arriva ai livelli del 300, ovviamente irraggiungibile, ma comunque ancora molto usabile a mano libera. Risultati strepitosi. Si presta al meglio a questo tipo di scatti. Soggetti prestigiosi anche molto lontani. Con A1 (soprattutto) e A7RV fa faville. Con la prima per velocità e qualità del file. Con la seconda un po’ meno velocità ma ugualmente qualità stellare del file. Qualità ottica, soprattutto a 800mm, altissima. Anche questo mi piacerebbe confrontarlo coi fissi luminosi. Che ovviamente hanno una marcia in più, ma con molti limiti in termini di peso (mezzo chilo, i più recenti, ma anche 1-1.5 kg in più quelli di generazione precedente). Ma soprattutto 10 cm in più (non pochi), e poi ingombri e soprattutto costi. Eccezionale poter zoomare mentre si scatta quando il gipeto è troppo vicino.
Sony FE 20-70mm F4 G. Obiettivo molto, molto prestante. Capolavoro di compattezza ed eclettismo, consente risultati notevoli. Non si vedono particolari differenze con ottiche fisse, anche blasonate. Si può non essere favorevoli alla bassa luminosità, f4. Ma per uso generale, soprattutto naturalistico, non esiste praticamente concorrenza.
Canon EF 70-200mm f/4 L IS USM. Obiettivo di altissime prestazioni di cui, insieme ad altri Canon (16-35, 50-65-100-180-200, 500is2), non riusciamo ancora a fare a meno. Piccolo, leggero, solidissimo, costruzione in un solo pezzo, non estrude. Qualità ottica notevole, pari ai migliori fissi. Accoppiato al 20-70 è fantastico. Si ha un’escursione 10x che consente praticamente tutto nei generi adeguati, soprattutto ritratto e paesaggio. Con l’appoggio del flash, accoppiata notevole anche in altri generi, es. cerimonie o eventi. Ormai ha una valutazione nell’usato veramente favorevole. Ovviamente un Sony FE 70-200mm F4 Macro G OSS II sarebbe molto meglio. Più corto (soprattutto per l’assenza dell’adapter), funzione macro vera, nessuna limitazione di raffica, motori lineari, utilizzo perfetto in video. Ma costo ben 4 volte superiore. Lo stesso il modello precedente. Alcuni vantaggi, ma costo almeno doppio (usato). Insomma, andremo avanti ancora così. Soprattutto alla luce delle immagini fantastiche che è ancora capace di produrre. Nessun problema nemmeno sulle altissime risoluzioni di 50-60 mpx su cui lo usiamo, anzi.
Conclusioni
Insomma, la situazione è molto bella e fattibile. Unico problema la lontananza. Per noi da Milano 3.5 ore. Ma altri si sobbarcano viaggi molto più lunghi, come gli amici romani. E i tedeschi, chissà da dove arrivano. O soprattutto Francesco, che è venuto addirittura dalla Sicilia. Dunque per vedere il gipeto ha fatto oltre 3000 km in auto. Poi ovviamente il freddo, soprattutto in autunno. Vedremo in primavera. Occorre coprirsi bene, in quanto si può stare fermi anche molte ore. Conviene farlo se si vuole la certezza di fotografare il gipeto. Muoversi molto può essere anche buono, soprattutto per non congelarsi. Ma si rischia di trovarsi sempre nel posto sbagliato e non vederlo mai al meglio. Con Francesco il primo giorno siamo andati a prendere un caffè di corsa pochi minuti e ci siamo persi un bel passaggio. Dunque abbigliamento non necessariamente da escursione, ma sicuramente caldo. Scarponi (o anche doposci se non ci si allontana dal parcheggio) e calze adatti, pantaloni imbottiti, giacca pesante. E poi, un adeguato copricapo, guanti, scaldacollo, etc. Anche in una bella giornata, il corpo dev’essere ben coperto.
Dal punto di vista dell’attrezzatura, non sono necessarie ottiche e macchine top. Uno zoom tele-tele 100-400, 100-500, 150/200-600 con un corpo macchina medio vanno più che bene. I gipeti passano a bassa velocità, si possono pure fare manualmente. Molto utile però poter zoomare, a meno di voler tagliare entrambe le ali, in certi passaggi tanto affascinanti quanto ravvicinati.
Alla fine, lo Stelvio non è solo un luogo: ma una palestra naturale per mettere, alla prova, senza esagerare, tutto, attrezzatura, resistenza, attenzione, e soprattutto la capacità di aspettare. I gipeti arrivano quando vogliono, lo decidono loro. Non ci sono orari prestabiliti. In questi due giorni comunque sempre meglio la mattinata. Forse è proprio questo il senso più vero di giornate come questa: saper preparare ogni dettaglio, ma poi lasciare che la montagna faccia il resto, coi suoi modi e i suoi tempi.
Una riflessione. Siamo andati due volte alla fine della stagione, a metà settimana, per evitare folla. In ogni caso c’erano sempre 15-20 fotografi. Questo fa pensare che negli altri giorni siano almeno uguali, e nei we e festivi di più. Per 5-6 mesi l’anno. Quindi ci vanno migliaia di fotografi. Calcolando conservativamente 5 mesi e 15 persone al giorno, senza tenere conto dell’eventuale incremento di we e feste, viene 2250. Probabilmente gli uccelli più fotografati in assoluto nel nostro paese.
La stagione allo Stelvio sta per finire. In questi giorni il passo chiuderà, e con esso tutte le attività connesse, alberghi, bar, ristoranti. Se ne riparlerà a primavera inoltrata.
Tra silenzi, aria sottile e attrezzature ormai perfette, si capisce che la fotografia di natura non è tanto catturare qualcosa, quanto farsi trovare pronti quando la bellezza decide di mostrarsi.
 
                                