Chi mi conosce ormai lo sa: faccio della compattezza e del peso un fattore primario nella scelta delle attrezzature. Prima di tutto perché mi piace viaggiare leggero. Chiamatela pigrizia delle nuove leve, chiamatela pure indisponibilità a sacrificarsi, come si legge a volte da parte di chi è particolarmente disposto a cambiare mentalità. Ma una cosa è certa: se quanto segue è un corredo degli anni ‘70, vuol dire che gestire peso e dimensioni inutilmente eccessivi dava fastidio perfino a qualcuno della grande generazione. E io sarei stato fra loro.
Olympus Om1 con 28mm f2.8, rispettivamente del 1972 e 1983.Secondariamente, per il minimalismo. Essere minimalisti non significa soltanto ridurre gli oggetti posseduti per non esserne schiavo, significa soprattutto liberarsi dell'eccesso di scelta che conduce all'indecisione, all'utilizzo del materiale superfluo. In questo modo si può sfruttare a fondo qualcosa, spremere ogni sua possibilità fino alla completa comprensione del suo potenziale. E non si può viaggiare leggeri senza essere minimalisti, perché ogni oggetto, dal più piccolo al più grande, incide su pesi e ingombri finali.
Lo ammetto, negli anni sono diventato estremamente sensibile all'aspetto retrò. Cinema, moda e serialità ci hanno resi nostalgici di un'era che non abbiamo nemmeno mai vissuto. Inutile negarlo: è così. Quindi avendo a disposizione tutti i corredi vintage di mio padre, era solo questione di tempo finché mi convincessi a provare.
Interi corredi fra cui iniziare le sperimentazioni: Pentax K, Nikon F, Contax (Yashica e G), Leica R, Canon (FD e EF), Minolta (SR e A); e poi i meno rappresentati Rollei, Topcon, Ricoh, Fujica, e soprattutto Konica con quel gioiellino di 40/1.8, tanto bello quanto compatto. Ma fra tutti, solo un corredo mi aveva sempre affascinato, ben prima che iniziassi a fotografare: Olympus OM. Un sistema vastissimo di ottiche molto prestanti e davvero compatte, leggere. E perché no, anche gradevoli alla vista e al tatto, data la solidissima fattura. Ghiere e materiali in generale molto appaganti da muovere. Insomma, anche un neofita rimarrebbe basito di fronte ad un bellissimo 85/2 da 260g di appena 5,4cm.
Ma non è stata la disponibilità il fattore scatenante, bensì l'arrivo di un obiettivo in particolare.
Olympus OM 21mm f3.5, classe 1972Piccolo, economico, usurato, estremo. L'idea di avere un grandangolo così spinto in così poco spazio, senza dovermi mai porre problemi di delicatezza né ingombro, mi ha subito illuminato gli occhi. Ho così iniziato a portarmelo dietro nelle uscite di normale street che ho sempre fatto a Milano. Uscita dopo uscita, mi sono reso conto che non mancava mai, tranne le volte in cui mi munivo del tutto Sony 20-70, ma solo per evitare sovrapposizioni di focale.
Il 21mm non è stato tuttavia il primo obiettivo del sistema OM che ho usato con piacere. Ho iniziato agli albori della passione con il 135/2.8, ottica che mi affascinava già da allora per la compattezza in relazione a focale e apertura. Ricordo ancora qualche ritratto che mi aveva colpito per dettaglio e sfocato. Tuttavia, l'ostacolo della messa a fuoco manuale era ancora troppo fastidioso da accettare, così avevo smesso di usarlo.
Sony A7C - Olympus Zuiko 135mm f/2.8 - f/2.8 - 1/3200s - 200 ISO
L'utilizzo di queste due focali mi ha fatto riflettere sulle potenzialità delle altre lenti a corredo. E così, piano piano, ho iniziato a sfruttare anche 28/2.8, 35/2.8, 50/1.4 e poi le due vere chicche: 85/2 e 100/2.8, due gioielli di progettazione. Altre ottiche più specialistiche come 200/5, 180/2.8 e 300/4.5 le ho provate esclusivamente per mero test, ammetto. Perfino quello zoom unico per focale che è il 50-250/5.
In ogni caso, ciò che mi ha davvero stupito è stata la qualità ottica di questo sistema, elevatissima molto spesso già a tutta apertura. L'unico difetto, talvolta riscontrabile, sta nelle aberrazioni cromatiche. Ma laddove i software non riescono a riparare, un buon bianco/nero bello contrastato risolve tutto.
Sony A7C - Olympus 135mm f/2.8 - f/2.8 - 1/500s - 400 ISO
Sony A7C - Olympus Zuiko 21/3.5 - f/11 - 1/400s - 100 ISO
Analogico e digitale, ma sempre vintage
Per completare l'esperienza analogica, ho deciso di scattare anche qualche rullino. Le esigenze per il corpo macchina non erano molte: esposimetro, aspetto e, soprattutto, compattezza. La scelta è quindi ricaduta sulla prima OM-1n, classe 1972, nell'incantevole livrea cromata.
Olympus OM-1n, dettagli.Ma l'inquietudine di perdere un buono scatto mi ha impedito di abbandonare totalmente il sensore digitale. Ecco quindi che mi sono ritrovato a creare forse il corredo ibrido analogico-digitale perfetto per me: Olympus OM-1, Sony A7C e ottiche del sistema OM. Ovvero una macchina a pellicola e una digitale, che comunque richiama l’aspetto vintage, su cui montare lo stesso corredo di lenti. Il tutto grazie ad un semplice anello adattatoreNovoflex, molto fluido e resistente. Non economico se si considera la totale assenza di contatti elettrici, ma decisamente valevole dell’esborso per la fattura davvero premium. In tal modo, è stato possibile andare in giro con una piccola borsetta con dentro i corpi macchina con due, massimo tre lenti.
La vastità della lineup OM permette di scegliere su misura il corredo perfetto da portarsi dietro in base alla specifica occasione. I miei abbinamenti preferiti sono:
Sony A7C - Olympus Zuiko 100mm f/2.8 - f/2.8 - 1/2500s - 100 ISO
Le alternative
Ovviamente quello sopra indicato non è l'unico sistema vincente. Sia per il quello analogico, sia per la controparte digitale. Infatti proprio in questi giorni sto sperimentando su una stupenda Pentax ME del ‘76. Ogni sistema è valido e ogni sistema ha punti di forza e debolezze.
Rimanendo in ambito Full Frame, e sempre considerando solo corpi digitali con aspetto analogico, ecco alcuni esempi. Addirittura senza scomodare le mirrorless, con una ancora valida Nikon Df si ha a disposizione lo sconfinato parco F, ma bisogna fare i conti con la mancanza di assistenza per il manual focus di cui sono invece dotate le mirrorless. Ed ecco che entra in gioco la Nikon Zf, che non si limita al solo sistema Z ed F, ma essendo mirrorless come tutte le seguenti, può accogliere ogni mount col giusto anello adattatore. Addirittura anche l’immenso parco ottiche Sony FE mantenendo l'AF, grazie al tiraggio più corto attualmente sul mercato. Però con entrambe si perde il fattore leggerezza/compattezza della Sony A7C.
Dove non si perderebbe invece è con alcune Fujifilm e alcune micro quattro terzi Olympus/Panasonic. Ma a grosso discapito del fattore di crop, che può far comodo con un tele, a volte, ma è troppo mortificante per esempio per un 21mm.
Ma si sa, molto spesso è il mezzo che fa gran parte dell'esperienza. Quindi ognuno tragga piacere da quello che gradisce di più, o semplicemente da ciò che ha già.
Per quanto riguarda noi, il caso più estremo di corredo ibrido analogico-digitale, lo raggiungiamo con le medio formato Pentax 645, fra le versioni 645 N, a pellicola, 645 D, digitale con sensore CCD e 645 Z con sensore più moderno CMOS. E tutte autofocus, oltretutto. Insomma, un sistema che compatto e leggero non si può proprio chiamare. Ma che per amor di fotografia, non ci tratterremo dal testare.